Etica e sacrificio nello sport (1): atleti e allenatori si liberino dall’individualismo
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Pubblicato Venerdì, 08 Giugno 2018 18:15
Nei giorni scorsi sono stato invitato a relazionare sul tema dell’etica del sacrificio nello sport. Questa iniziativa mi ha dato l’opportunità di ragionare su un argomento che tanto sta cuore alla visione del Centro Sportivo Italiano che pone l’uomo al centro della pratica sportiva. Questi ragionamenti, ve li divido in due parti: la prima ve la propongo questa settimana, la seconda la prossima. Quello Che il CSI mi ha fornito in questi anni è una visione privilegiata sui fenomeni sociali attraverso lo sport. L’etica è l’insieme dei comportamenti che sono prodotti da una data morale, la morale di ciascuno di noi è attribuita dall’educazione che abbiamo ricevuto e degli ambienti in cui abbiamo vissuto la nostra esperienza di vita. Pertanto esistono diverse morali e quelle che lo sport, concepito da protagonisti attenti produce, sono senz’altro modelli di riferimento per sviluppare una comunità responsabile e una opportuna cittadinanza attiva. Molto spesso si confonde l’etica con il concetto di legalità, in realtà questi due principi si toccano ma non sono perfettamente coincidenti in quanto vi possono essere comportamenti perfettamente legali ma che vanno contro un’etica ispirata ai principi alta correttezza. Fare gol col portiere a terra, non concedere lo spostamento gara ad una società che ha dei problemi a scendere in campo, dire a mo’ di scherno, ad ogni contrasto di gioco: “noi domattina dobbiamo andare a lavorare” a dei ragazzi rifugiati. Tutto questo non è punibile sotto un profilo regolamentare ma assolutamente deprecabile secondo il nostro modello di etica e correttezza sportiva.
Il messaggio educativo dello sport sta soprattutto nell’affermare che il sacrificio produce risultati e che i risultati si raggiungono col sacrificio. Una delle cose che negli ultimi anni mi ha fatto più arrabbiare, da dirigente sportivo, è stata libro di Danilo di Luca il quale affermava, ovviamente dopo essere stato scoperto, che nel ciclismo “tutti si dopano”. Quali ripercussioni negative potrà avere questa affermazione tra i ragazzi, tra le famiglie che dovranno orientare i ragazzi verso attività sportiva?
A chi mi domanda qual’è lo stato si salute dello sport di base sul piano etico rispondo che esistono tante diffuse eccellenze, tante società sportive che portano qualità alla grande quantità di atleti. Ma lo sport non sfugge ai pericoli dell’individualismo che attanagliano la nostra società. Pensiamo all’atleta italiano che alla maratona di Londra ha tagliato il percorso per conquistare la medaglia più ambita. Non sono rari quegli amatori che anziché essere amatori dello sport appaiono piuttosto come amatori di se stessi. Tra le decine e decine di allenatori che conosco e che profondono il proprio impegno educativo nei confronti dei giovani ce ne sono alcuni che purtroppo applicano dei concetti non condivisibili, volti al perseguimento della Vittoria a tutti costi, magari facendo giocare solo i migliori, cercando di eludere anche i regolamenti per limitare l’impiego dei “meno bravi”. L’educatore dovrebbe premiare il miglioramento, non i migliori.