La scorsa settimana il calcio europeo ci ha restituito il sogno che le imprese impossibili sono possibili, che si può ribaltare il risultato anche in una posizione di pesante svantaggio, che si può andare a vincere negli stadi che da sempre sono tabu. Ma dai sogni molto spesso ci si risveglia bruscamente e ci si ritrova in una realtà triste e povera. Certamente non mi riferisco ad una eliminazione che è una caduta solo di tipo sportivo ma a quando a cadere e scadere è il livello del confronto. Da italiani, abbiamo esultato per l’impresa della Roma contro il Barcellona, stavamo per esultare per quella della Juventus a Madrid ma non abbiamo avuto il tempo di rimanerci male per via di un assurdo post gara. Per il bene dello sport dimentichiamoci delle amare parole di Buffon, delle patetiche strumentalizzazioni delle TV che hanno somministrato “a caldo” fermo-immagini ai protagonisti e hanno cavalcato ferocemente le polemiche. Quello che è successo purtroppo non aiuta chi cerca di trasferire ai giovani uno stile nuovo fatto di buoni comportamenti. Non mi sento di affibbiare colpe a Buffon che ha vissuto una evidente trans agonistica ma certamente in questi casi, per tutelare tutti e tutto, si poteva evitare di mandarlo davanti alle telecamere preservando l’identità di un campione imitato dai giovani. Una occasione certamente persa ma che possiamo utilizzare come esperienza anche nelle nostre realtà dove “a caldo” le scenate agli arbitri o ai dirigenti associativi capitano e con un po’ di intelligenza, fair play e dominio delle proprie emozioni si possono evitare brutte figure, squalifiche e la messa in scena di uno spettacolo negativo che non fa bene a nessuno. Sport di vertice e di base devono costruire una cultura sportiva fatta di responsabilità socialecondivisa ed esempi positivi. Altrimenti possiamo fare grandi rimonte, passare il turno in Champions League ma non avremo mai vinto veramente.